
GUSTO E DISGUSTO
a cura di MARCO SANTARELLI
L’ODORE DEL PANE
Un’autentica (e sintetica) poesia olfattiva
Uno studio della Coldiretti, questa volta sul pane, alimento primario e assoluto, ci avverte di quanto il suo consumo sia arrivato negli ultimi anni ai minimi storici: appena 90 grammi al giorno pari ad un paio di fette. E pensare che nell’anno dell’Unità d’Italia, nel 1861, se ne consumava 1 chilo e cento grammi a persona al giorno. Poi, man mano che passavano gli anni e in maniera decrescente, si è arrivati a 230 grammi nel 1980, a 197 nel 1990, a 180 nel 2000 fino ad arrivare ai 100 grammi nel 2013.
Il giro d’affari intorno al pane si stima sui quasi 8 miliardi l’anno e ad essere preferito è quello artigianale (rappresenta più dell’80%, ma in costante calo), mentre sta crescendo la domanda dei prodotti tipo grissini, crackers, e le forme delle “pagnotte” di un tempo ridotte fino a diventare panini di ogni sorta. Se pensiamo che l’Istituto di Sociologia Rurale (INSOR) ha pubblicato nel 1995 un “Atlante dei prodotti tipici: il pane” nel quale vengono catalogate più di 200 tipologie principali di pane, e che queste, man mano che il consumo diminuisce, vengono sminuzzate in innumerevoli varianti per soddisfare il consumo di massa del pane su misura, allora bisogna dire che stiamo assistendo ad un aggiustamento di posizione della tradizione legata all’”arte bianca”.
Come scrive Corrado Barberis, “i romantici panini che ai moralisti contemporanei appaiono frutto di sfogliature si apprestano a diventare i classici di domani”. Ma lo studio della Coldiretti, evidenzia anche che il 42% degli italiani (quattro su dieci, per intenderci) mangia il pane avanzato dal giorno prima con una crescente tendenza a contenere gli sprechi. E poi bisogna mettere nel piatto l’aumento delle vendite di farine, che sta a dimostrare un ritorno alla preparazione casalinga del pane e con esso un’attenzione al forno, luogo nel quale avviene il passaggio dal crudo al cotto e la magia della lievitazione (alimentata dalle cartine di lievito artificiale).
Il pane fatto in casa, scegliendo le farine, rimane pur sempre un ottimo prodotto, una valida alternativa al pane venduto incellofanato, preparato con farine super raffinate e confezionato in paesi lontani dal nostro (la maggior parte del pane venduto nei supermercati viene prodotto in Romania) e che troviamo negli scaffali del supermercato. Certo, il forno delle cucine moderne non ha nulla del rituale e del magico dei forni delle case contadine di un tempo, quando la lievitazione era un affare molto serio e misterioso e andava aiutata con, per esempio, la purificazione delle mani, l’uso di teli di candida canapa, tracciando croci sulle forme, invocando la benedizione di Dio sul pane e sulla casa o, anche, come si usava nelle campagne emiliane più materialiste, esclamando: “cresci, o pan, come il cazzo del cappellan”…
Quell’atmosfera che si riassumeva in un odore, domestico e irresistibile, la descrive Giovanni Pascoli, intento a girare le piadine sul testo mentre la sorella Maria gliele stende: Ma tu, Maria, con le tue mani blande / domi la pasta e poi l’allarghi e spiani; / ed ecco è liscia come un foglio e grande / come la luna; e sulle aperte mani / tu me l’arrechi, e me l’adagi molle / sul testo caldo e quindi t’allontani. / Io, la giro, e le attizzo con le molle / il fuoco sotto, fin che stride invasa / dal calor mite, e si rigonfia in bolle: / e l’odore del pane empie la casa.
EMULSIONI n. 2/2023 – Torna al sommario