
Come funziona un laboratorio artigianale di gelateria?
Cos’ha di bello e interessante questa professione?
Quali talenti richiede?
Gelato d’essai, in queste pagine, vuole soddisfare queste e altre curiosità: ogni mese un membro dello staff risponderà a 5 domande.
Per il piacere, e il gusto, di saperne di più.
Il cliente va sempre ascoltato
5 domande ad MARTA SFERRA
Perché hai scelto di diventare gelatiera?
La mia vita da gelatiera è iniziata quasi per caso: una serie di eventi poco piacevoli che mi hanno portata ad abbandonare l’università e la richiesta di collaborazione da parte di mio padre per portare avanti il suo sogno. Mi sono tuffata in questa splendida avventura prima un po’ scettica, convinta di poter essere solo un aiuto marginale, poi sempre più consapevole ed entusiasta, arricchita dai corsi di formazione fatti e dall’esperienza diretta nel laboratorio al fianco di un papà pieno di informazioni e tecniche da apprendere. Ed ora eccomi qui, 11 anni dopo, a portare avanti un sogno diventato anche mio e, soprattutto, diventato realtà.
A tuo avviso è un mestiere che può attrarre i giovani? E se sì, perché?
Penso di sì, dal momento che offre molte soddisfazioni e ti permette di stare a contatto con il mondo, proponendoti un confronto continuo con le persone e con te stesso. D’altra parte, però, oggigiorno molti giovani sono attratti da lavori più “comodi”, mentre l’organizzazione e la gestione di un laboratorio artigianale richiede molto impegno, attenzione e sacrificio, soprattutto se si parla di tempo.
Secondo il tuo giudizio ed esperienza, il cliente ha sempre ragione?
Io sostituirei la frase “il cliente ha sempre ragione” con la frase “il cliente va SEMPRE ascoltato”. La voce del cliente è, per il mio lavoro, di vitale importanza e fondamentale tanto quanto la voglia di offrire alle persone un prodotto naturale e genuino. È quindi necessario ascoltare ciò che il cliente ci dice e ci racconta, analizzando e accogliendo anche le critiche, che ci permettono di capire se e dove stiamo sbagliando dandoci la possibilità di migliorarci addrizzando il tiro.
Qual è la tipologia di cliente più difficile da servire?
Il cliente più difficile da servire è colui che pretende l’impossibile; certi capricci o diffidenze che possiamo avere tutti, quando entriamo in un negozio e ci dimentichiamo che davanti a noi c’è una persona che fa il suo lavoro e non cerca in ogni modo di imbrogliarci. Sul cibo c’è molta attenzione, giustamente; ma proprio per questo credo occorra ricordarsi che, in un laboratorio artigianale, dietro a ciò che si propone e il modo in cui lo si propone, ci sta tanto lavoro.
Le regole non scritte sull’ospitalità nella ristorazione, e in genere nei servizi pubblici, sono ancora valide o vanno cambiate o migliorate?
La gentilezza, la disponibilità all’ascolto, come ho già detto, e il desiderio di mettere a proprio agio l’ospite sono regole immutate, valide sempre sia in un albergo o in un ristorante, che in un bar o in un negozio di gelati, dove il passaggio del cliente è più breve, ma non per questo meno degno di attenzioni. Ricordarsi di un cliente, tenere a mente le sue esigenze, dargli il suo posto particolare: è ciò che fa la differenza nel servizio. Ci sono bar dove si ricordano di noi e conoscono i nostri gusti, e bar distratti: io preferisco entrare nei primi.
EMULSIONI n. 2/2023 – Torna al sommario