
L’ALTRO FREDDO
IL MONT BLANC
MISERIA E NOBILTA’ DELLA CASTAGNA
Per secoli l’alimentazione delle popolazioni dell’arco appenninico è rimasta immutata. Un naturalista del Settecento, Giovanni Targioni Tozzetti, notava a proposito della Garfagnana, che “Il vitto consiste quasi esclusivamente in castagne, o fresche o cotte arrosto ed in ballotte, o seccate e ridotte in farina.” La castagna era talmente importante che la casa contadina di montagna aveva sempre una camera destinata all’essiccatura delle castagne. Queste, insieme alle rape cotte sotto la cenere, ai fagioli, alle erbe selvatiche, erano l’alimento abituale dei contadini di montagna, così come cantato nello Itenerario di uno peligrino incognito, di incerto autore della fine del 500: “…dove il pan è di castagna/ e dove il vino è di fontana chiara;/…dove carne non si magna / e dove bolle il macco in la caldara”.
Marcolfa, che abitava nei boschi sopra un alto e aspro monte in una specie di capanno, aveva come “cantina” il ruscello e teneva sempre pronta per il pranzo una “pentoletta con quattro erbe selvatiche senza sale”. E poi conservava le castagne che seccava e riduceva in farina. Questa farina era tutta destinata a suo figlio Bertoldino, il suo “cucco dissennato” uso soltanto a pascolar le capre, e con essa gli preparava castagnacci. Bertoldino era golosissimo di castagnacci tanto che una volta, dopo un breve malore, Marcolfa gli chiede come stesse e lui le rispose di voler mangiare il castagnaccio. La madre ne prepara venticinque che Bertoldino mangia tutti, prima di andare a coricarsi sotto un olmo e dormirvi tutto il giorno.
Ora immaginiamo questo personaggio come avrebbe potuto reagire all’assaggio di un mont-blanc. Innanzitutto sarebbe dovuto andare in Piemonte o, meglio, in Savoia, quando la regione era tutt’uno con la Francia, dato che là è nato, così si dice, il ricco dolce.
è un dolce che le popolazioni di montagna sopra descritte, non hanno mai visto, né tantomeno assaggiato: per loro esisteva soltanto il castagnaccio, che nulla ha a che vedere con il mont-blanc. L’unica cosa che li accomuna è la base, ossia la castagna…no, anzi, neanche quella, poiché infatti per il dolce contadino si utilizza la farina di castagne; mentre per il secondo sono indispensabili i marroni (della stessa famiglia, d’accordo; ma i marroni sono più dolci e senza quel fondo amarognolo delle castagne).
Una volta cotti i marroni in acqua e zucchero, si fa una purea; questa, con l’aiuto di un sac à poche, la si sistema su di un piatto a forma di montagna e sopra di essa una bella colata di panna montata, giustificando così il nome del dolce, decorando, se lo si desidera, con delle meringhe.
LA RICETTA
Ingredienti:
• Marroni 650 gr
• Sale 3 cucchiaini
• Latte fresco 1lt
• Zucchero 180 gr
• Vanillina 1 bustina
• Rum (a piacere)
• Panna montata 500 gr
• Meringhe piccole
Procedimento:
1. Incidere i marroni sul lato bombato e metterli al fuoco in abbondante acqua fredda insieme al sale. Far bollire per 10 minuti
2. Scolare i marroni e sbucciarli velocemente liberandoli da buccia e pellicine.
3. Mettere i marroni in una casseruola, aggiungere il latte, lo zucchero, la vanillina e cuocere a fuoco medio per circa 40 minuti, mescolando ogni tanto.
4. Una volta cotti, passare i marroni in un mixer unendo il rum (quantità a piacere). Mettere l’impasto in frigo per due ore.
5. Passare il composto in un schiacciaverdure in modo che la purea scenda come spaghetti o vermicelli sul piatto creando una montagna.
6. Versare la panna montata sui marroni in modo da creare un effetto-monte e ultimare la decorazioni con le meringhe.