In diversi disegni eseguiti dai viaggiatori del Grand Tour a Roma, fin dal XVII secolo, notiamo un pastorello che pascola le bestie tra le rovine della città antica, invasa di erbe di ogni tipo. L’immagine è rimasta quasi inalterata sino a pochi decenni fa, quando cioè i nuovi quartieri spingevano sempre più lontano le greggi che svernavano nella campagna romana. Questa simbiosi tra rovine e pecore, tra case nuove e greggi sotto casa, la si ritrova anche nelle tradizioni gastronomiche: abbacchio, pecorino e ricotta. Quest’ultima usata in cucina come forse in nessun’altra regione, entrando poi, dapprima nella dolcerìa casalinga, e successivamente persino nell’alta pasticceria, con l’accoppiata di ricotta e visciole di schietta tradizione ebraica-romana. Dal Forno alla gelateria, il passo si compie con il nostro gelato, che nella rustica e primitiva semplicità della ricotta, affoga l’asprigna dolcezza della visciola.
Purtroppo, ben poco di questa saggezza luminosa si ritrova nella storia della diffusione della banana: frutto migrante dall’Asia all’Africa, e poi da qui all’America Latina e l’Europa, la banana ci ricorda una storia di schiavismo e di dominazioni. Per nostra fortuna, la banana non sa niente della sua storia e continua a regalarci il suo profumo nonostante l’Occidente non abbia fatto niente per meritarselo. Noi, cercando di mettere in atto i consigli dei saggi, con la pratica quotidiana e le risorse del sapere tecnico, ci sforziamo di fare un gelato nel rispetto del frutto e delle sue qualità.
• SCIROPPO DI GLUCOSIO
• LATTE MAGRO IN POLVERE
• FIBRE VEGETALI
• POLPA DI BAOBAB
• VISCIOLE CANDITE/SCIROPPATE