A settembre, oltre al nuovo numero di Emulsioni, trovate in lavagna 6 gusti a vocazione alcolica!
PASSAGGIO IN VIGNA è il titolo di apertura del nuovo numero di Emulsioni, la nostra Newsletter (clicca qui per iscriverti e riceverla gratuitamente). Un titolo che parla chiara circa il suo argomento centrale. Non che sia un mese del tutto autunnale, ma a settembre si avverte bene che l’estate è andata e i ritmi riprendono frenetici come prima. È un passaggio che richiede motivazione e il giusto… spirito! Ecco allora un numero di Emulsioni dal sapore alquanto dionisiaco, in omaggio proprio a quel po’ di spirito che occorre per riaffrontare il tran tran e anche in omaggio alle vendemmie, che in questo mese si aprono o si chiudono, con una cadenza stagionale di secoli.
E allora, in sintonia piena con la Newsletter, vi invitiamo a scoprire la vocazione alcolica di 6 gusti di gelato, che a settembre troverete eccezionalmente presenti in contemporanea, e in entrambe le sedi:
ANANAS AL MARASCHINO
L’ananas, originario dell’America tropicale, è molto bello a vedersi e fu tra i primi frutti a colpire i conquistatori europei in cerca di meraviglie da imbarcare sulle caravelle. Fu da subito coltivato in Europa, destinato alle tavole aristocratiche e ricche. Questo frutto dolce acido è uno tra i più diffusi al mondo. Se poi viene venduto sciroppato, allora ha una diffusione globale, molto più dell’economia.
L’impiego maggiore dell’ananas è in pasticceria, nei dolci in generale, nei cocktail, in macedonia o in succo. E ovviamente in gelateria, dove l’ananas regna ad ogni stagione, e contende al limone le virtù digestive e alla fragola quelle olfattive. Al ristorante, invece, il più delle volte viene servito fresco con una spruzzata di maraschino: una combinazione perfetta tra la nota asprigna del frutto e il dolce del liquore. Questo liquore è un distillato di frutta; si ottiene esattamente dalla marasca, come suggerisce il nome. Il nostro gelato è una variante fredda e cremosa del frutto, con l’aggiunta del distillato della marasca.
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BANANA CARACAS
con rum e cannella
Nei paesi caraibici, lungo i secoli, la banana era il corrispettivo della patata, che presso le classi più umili ha rappresentato una basilare fonte di nutrimento. E come sempre avviene, sono proprio i cibi più poveri a conoscere una più grande varietà e fantasia di esiti gastronomici. Fra i simboli della cucina creola, la banana, forte della sua lunga storia di incroci e trasmigrazioni, viene infatti consumata non solo come frutto, ma anche in innumerevoli pietanze sia salate che dolci; fritta, bollita, arrostita, sciroppata, in forma di ingrediente principale o come contorno, fino ai liquori e, più recentemente, a un apprezzato vino bianco.
Il gelato “banana Caracas”, ottenuto da banane grigliate e condite con zucchero di canna, rum e cannella, vuol essere un omaggio alla fantasiosa cultura alimentare dei Caraibi e del Sudamerica, fatta di piatti vivaci nei colori come nei sapori.
Una cucina che ci insegna ad abbattere gli steccati fra orto e frutteto, e guardare alla frutta come a una risorsa illimitata.
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CREMA ZEMAN
con Assenzio e anice stellato
L’assenzio è una pianta spontanea, profumata e resistente, che cresce senza troppe cure su terreni sabbiosi e pietrosi, anche in relativa assenza di acqua. Indica la mancanza di ogni dolcezza e rappresenta il dolore soprattutto sotto forma di amarezza, in particolare il dolore provocato dall’assenza. Con il suo liquore noi facciamo un gelato dedicato a Zeman, certamente in omaggio alle sue origini boeme, la terra dove il liquore di assenzio è un prodotto nazionale, ma anche in omaggio a tutto quello che Zeman rappresenta e che lo accomuna a questa pianta: resistenza, cura medicinale di un gioco oggi viziato e che invece è sempre stato un libero gioco di strada, e infine amarezza per le difficoltà che il mister ha dovuto sopportare per via delle sue scelte etiche e sportive.
Del resto, il rapporto dell’assenzio con lo sport non è cosa del tutto metaforica, visto che i latini dissetavano gli atleti con un vino greco profumato all’assenzio: era ritenuto una pozione tonificante. Di questo ci si ricorda poco, anche perché è più saldo il legame con la memoria ottocentesca del liquore dall’amaro gusto di anice, divenuto una moda sia nei circoli letterari e artistici sia tra i ceti popolari. Il liquore d’assenzio era anche chiamato la fée verte, la fata verde, in riferimento al colore e perché, così si diceva, chi lo consumava si perdeva in un’atmosfera magica e sognante. “Raggiungiamo, saggi pellegrini, / l’assenzio dai verdi pilastri”, scrive Rimbaud, usando un noi che includeva tutta una generazione di poeti visionari. Quel consumo di assenzio è finito nel Novecento, e la bevanda ha smesso di essere una via allucinogena per emancipare l’anima dalle miserie della realtà.
La realtà è ancora oggi piena di miserie, ma l’esempio realissimo di Zeman è che con la realtà si può combattere scegliendo di fare onestamente e tenacemente quello che la propria coscienza detta. E al diavolo l’industria massificante e artificiale che bada solo al lucro. Sia sportiva, sia gelatiera. Ci riprendiamo il gusto naturale di un gioco fatto a mano.
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MELA AL CALVADOS
È impensabile ipotizzare l’esistenza quotidiana senza la mela. O, per meglio specificare, senza tutte quelle numerosissime varietà di mele che ne rendono il consumo vario e mai noioso. Si mangiano crude o cotte; ci si preparano gelatine, marmellate e sciroppi; ed è il frutto che più di ogni altro rappresenta l’abbattimento dei muri che separano la pasticceria dalla cucina.
Poi nei Pays d’Auge, in Normandia, si sono presi la briga di inventare un distillato del sidro che prende il nome dal dipartimento del territorio: Calvados.
Ed ecco quindi la combinazione perfetta: mela e Calvados; ovvero la mela elevata alla potenza spiritosa di sé stessa.
Ovvio che questo straordinario raddoppiamento del gusto darà il meglio quando la mela è ridotta a gelato.
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UVA ITALIA ALLO ZIBIBBO
Frutto che da sempre accompagna l’esistenza umana, l’uva attraversa l’intera nostra storia agricola e culturale, dalla Bibbia ai Greci, dai baccanali alle nature morte del Seicento, perdendosi spesso nel mito e nei racconti, e annoverando significati innumerevoli. E vino a parte, l’uva si presenta sulle nostre tavole anche come ingrediente di piatti salati e dolci, accompagnandosi al pane, ai formaggi e alle carni.
Solo il gelato all’uva non è così diffuso come si penserebbe. Quando si tratta di spremerla e pigiarla, l’uva fa pensare subito al vino, e non certo al gelato. Si ha forse il timore che quel succo delicato e ricco d’acqua possa annientarsi, nel gelato, per un eccesso d’acqua.
Ma è un timore infondato, e il rapporto tra uva, acqua e vino è antico quanto l’abitudine di consumarne. D’altronde, è proprio con l’uva che è iniziato il gelato: il mosto d’uvasulla neve fresca, segno di grande raffinatezza della civiltà contadina, rappresenta infatti un’idea primitiva di gelato fatto in casa.
Il gelato che vi proponiamo struttura l’equilibrio tra l’uva e l’acqua, rafforzandolo con un vino che è un vero e proprio nettare degli Dei, ossia lo Zibibbo di Pantelleria. Dichiarata patrimonio dell’umanità, l’uva zibibbo si raccoglie da viti che crescono quasi rasoterra, per non essere bruciate dal sole, essendo poi coperte di sera onde preservarle dall’umidità. Nella seconda settimana di agosto, le uve vengono passite al sole e poi vinificate.
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ZABAIONE AL PASSITO DI PANTELLERIA
Le viti basse che crescono radenti al terreno, su una delle isole più belle del Mediterraneo, e che fanno tesoro di un sole eccessivamente forte, dando uve dolci destinate, per appassimento prima e dopo la raccolta, a diventare ancora più dolci, sono all’origine di questo vino liquoroso, ambrato e aromatico, da meditazione e da dessert.
Il Passito di Pantelleria vanta molti estimatori, rassicurati da un’antica tradizione che un ferreo disciplinare, dalla coltivazione delle uve all’imbottigliamento, ha reso inattaccabile da parte delle logiche della produzione di massa. Perciò ne è salva la qualità elevatissima, grazie alla quale il nostro gelato allo Zabaione può caratterizzarsi per quella sfumatura del sapore, vellutata e carezzevole, mai troppo invadente, la cui fragranza rende ineffabile una crema semplice, rigorosamente elementare e, addirittura, casalinga.
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