Laboratorio aperto #8

 

AMICO E SCONOSCIUTO
Base dei gusti al cioccolato e perciò ingrediente fondamentale, non solo in gelateria, il cacao è molto di più di quel che appare alla vista o all’assaggio

a cura di GEPPY SFERRA

Forse per via di tutte le sue molteplici declinazioni, e anche perché vi si riconosce la quintessenza della golosità, non c’è ombra di dubbio che quello al cioccolato sia tra i gelati, e da sempre, uno dei protagonisti assoluti.

Trasversale come pochi altri gusti, mette solitamente d’accordo tutti, grandi e piccini, e suggerisce un’infinità di accostamenti e combinazioni – anche azzardate e originali – tali da soddisfare i gusti e i desideri golosi di una platea praticamente sconfinata. Ci sembrava quindi doveroso, in questa rubrica dedicata alle materie prime che utilizziamo nel nostro laboratorio, dedicare un adeguato spazio al cacao proprio in questi due numeri invernali che ci portano alla Pasqua, periodo d’elezione per tutto ciò che riguarda il mondo del cioccolato (la seconda parte la troverete sul numero di marzo). Anche perché, quando si trattano argomenti così popolari e di lunga tradizione, le storie e le opinioni spesso perdono aderenza con la realtà oggettiva, per entrare nello spazio della leggenda, del mito, a volte della diceria; e se tutto ciò da un lato rende la cosa ancor più affascinante, dall’altro rischia però di generare autentici errori di valutazione circa la qualità di una materia così a portata di mano quanto, in verità, sconosciuta.

Basti pensare, per esempio, alla convinzione di molti che il cacao migliore sia quello più scuro, laddove invece è proprio quando lo vediamo tendente al nero che dovremmo storcere la bocca, poiché il più delle volte questo è segno di bassa qualità, ossia di un cacao “potassato”, e quindi trattato forzatamente con additivi chimici. Insomma, crediamo che un po’ di chiarezza al riguardo possa essere importante, anche per rendere omaggio al lungo e complesso lavoro artigianale che sta dietro al cioccolato di qualità.

Siamo certi, per esempio, che pochi siano a conoscenza dell’incredibile e delicato percorso che compie una fava di cacao per arrivare a diventare cioccolato (vedi l’articolo dedicato nella pagina sulla filiera del cacao) e di quanti fattori, naturali e umani, concorrono al gusto del prodotto finale.

Oppure del fatto che il sapore, così forte ed aromatico, che possiamo gustare mangiando una tavoletta di cioccolato, non sia per nulla presente nel cacao appena colto dalla pianta, ma sia invece il risultato dei processi chimici e fisici a cui questo viene sottoposto.

Insomma, cercheremo di illustrare al meglio i diversi aspetti della produzione di questo ingrediente per noi così fondamentale, consapevoli che da questa conoscenza dipende tanto il nostro lavoro quanto il giudizio dei nostri clienti.

In questo articolo, infatti, parliamo di gelato e di cosa significa quindi, per un gelatiere artigiano che rifiuta la scorciatoia offerta da basi preconfezionate e preparati vari, avere a che fare con sua maestà il cacao. Perché, diciamolo subito, il gelato al cioccolato (o “al cacao” come forse sarebbe più corretto chiamarlo) è un banco di prova tra i più impegnativi, sia dal punto di vista prettamente tecnico, sia sotto l’aspetto squisitamente organolettico e aromatico.

Dal punto di vista tecnico le difficoltà maggiori derivano dal fatto che, indipendentemente dalla strada che si decide di percorrere (usare solo cacao in polvere, o solo la massa, o la copertura amara, o un mix di questi), dobbiamo fare i conti con ingredienti composti sostanzialmente da burro di cacao (prezioso apportatore di materia grassa e di cremosità) e cacao puro (separato dal grasso e responsabile del sapore), i quali hanno entrambi una spiccata tendenza ad indurire con il freddo. Se lasciate fondere una tavoletta di cioccolato a bagnomaria, per esempio, noterete come questa si trasformi in un fluido denso; ma basterà toglierlo dal calore e lasciarlo a temperatura ambiente per accorgersi che pian piano il fluido ritorna allo stato solido, compatto. Allo stesso modo, nel processo di pastorizzazione, noi riusciamo a disperdere cacao secco e burro di cacao nella nostra miscela e, grazie anche all’ausilio di ingredienti emulsionanti (come il tuorlo dell’uovo o le proteine del latte), a “legarli” alla parte acquosa del mix; ma non possiamo annullare la loro vocazione naturale all’indurimento. E così, una volta mantecato, le molecole sospese o disperse nel nostro gelato si ritrovano a contatto con il freddo intenso e, a poco a poco, tendono a indurirsi coinvolgendo, in questo loro processo, anche gli altri elementi. Un gelato al cioccolato male equilibrato – realizzato senza quella necessaria competenza (ed esperienza) in materia che permette di controbilanciare, nella ricetta, la tendenza ad indurire del cacao – una volta messo in vendita alla stessa temperatura di servizio degli altri gusti rischia di diventare un blocco duro, difficilissimo, se non impossibile, da servire. Chi ne sa un po’, o ha seguito con interesse la nostra NL, ha già capito che saranno gli zuccheri, con il loro differente potere anticongelante (e dolcificante), a venirci in aiuto. Conoscendo bene la qualità degli zuccheri a disposizione e la precisa composizione del cacao o della massa che intendiamo utilizzare, e grazie allo studio e all’esperienza sul campo, ecco che possiamo lavorare in fase di bilanciamento per realizzare una ricetta bene equilibrata, in grado di dar vita ad un gelato che avrà la stessa spatolabilità degli altri gusti, e con il grado di dolcezza da noi desiderato. Ma serve, per l’appunto, competenza ed esperienza. Non basterebbe, infatti, sapere che gli zuccheri hanno potere anticongelante per aggiungerne una certa quantità nel nostro mix; anche qualora avessimo la certezza che 1 grammo di destrosio in più possa bastare a compensare il potere induritore di 1 grammo di cacao (equazione che, con una certa approssimazione, potremmo anche prendere per buona).

Come abbiamo già detto in passato su questa rubrica, nel computo di una ricetta ci sono tutta una serie di parametri da tenere sotto controllo, e che riguardano ad esempio la quantità e la qualità di solidi complessivi (da tenere comunque sotto un determinato livello) o il potere dolcificante che, superata una certa soglia, renderebbe il nostro gelato troppo dolce e stucchevole. Tutto deve essere ben bilanciato secondo delle regole consolidate ben precise, e per farlo occorre considerare nel dettaglio la materia e ogni singolo elemento che intendiamo inserire nella ricetta. Nel nostro caso, per esempio, è fondamentale conoscere con precisione le quantità di cacao puro e di  burro di cacao presenti nel prodotto che vogliamo utilizzare – sia esso cacao in polvere, o massa, o copertura – dato che i due elementi tendono a indurirsi in modo differente (il cacao puro quasi il doppio rispetto al burro di cacao).
Insomma, avrete capito che la questione è più complessa di quanto si possa immaginare. E non finisce qui. Sempre dal punto di vista tecnico, c’è un altro spauracchio che attende il gelatiere nella sua “sfida” con il gelato al cioccolato: il rischio della sabbiosità.  Abbiamo già accennato alla “dispersione” del cacao nella nostra miscela. Disperdere non è sciogliere (o, più correttamente, solubilizzare). Un elemento si considera sciolto quando il soluto non si distingue più nel solvente. Come lo zucchero nel caffè caldo, per capirci.  Ma il cacao, con la sua elevatissima componente fibrosa riesce solo a disperdersi, non ce la fa a sciogliersi completamente. Da qui il rischio della sabbiosità. Anche in questo caso, la conoscenza del proprio mestiere e delle materie prime utilizzate, e lo scrupolo nel processo di lavoro, diventano fondamentali. Ecco perché, ad esempio, è consigliabile in fase di pastorizzazione portare la miscela ad una temperatura più elevata (intorno ai 90°) e non derogare, al termine del processo, da un adeguato tempo di “maturazione” della stessa, così da dare modo alla fibra, che non ha avuto ancora il tempo di idratarsi adeguatamente, di assorbire la maggior quantità di acqua possibile prima di passare alla fase di mantecazione.

A rendere il tutto ancora più complesso, è la copiosa varietà di tipi di cacao di cui possiamo disporre, ognuno con delle sue specificità che riguardano non solo il tenore di burro di cacao e il relativo punto di fusione, ma anche il grado di acidità, di fermentazione, di umidità, il tipo di torrefazione, il colore, l’eventuale alcalinizzazione…

Ecco dunque quali sono, nella realizzazione di gelati al cacao, le principali difficoltà tecniche che incontrerà un gelatiere “cocciuto” – che considera l’artigianalità un valore irrinunciabile e si ostina a voler partire dalla materia prima, invece di affidarsi a basi preconfezionate o addirittura a miscele già pronte. Difficoltà che non si limitano però a questioni tecniche ma invadono anche la sfera squisitamente organolettica, aromatica. E non potrebbe essere altrimenti. Diversi sono i paesi di origine del cacao, diverse le terre in cui esso si coltiva, e diversissimi, di conseguenza, i sapori!

Ma di questo, come anche delle precise tipologie di cacao che trattiamo in gelateria (con le relative provenienze e i precisi utilizzi) parleremo sul prossimo numero, in uscita a marzo.


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