POVERO PANE!
Era il simbolo per eccellenza dell’alimentazione. Ancora resiste, ma è ridotto al minimo
Per accorgersi del mutamento di consumo del pane in Italia, basta spiare un muratore quando si apparta all’ora di pranzo. Si noterà come il “culo” della pagnotta di pane, scavato della mollica, riempito di polpette al sugo o di verdure ripassate, tappato con la mollica precedentemente tolta (e ogni boccone di tale “panino” mandato giù da un buon sorso di vino) in vigore fino a pochi decenni fa, sia stato sostituito da un panino farcito con prosciutto o mortadella e una lattina di birra. Tra il “culo” della pagnotta e il panino, c’è tutta una storia che ha per protagonista l’industria alimentare che, tra tanti benefici, ci ha lasciato anche diversi disturbi e intolleranze alimentari. Questi ultimi sono tra i maggiori responsabili del calo del consumo del pane, giunto quest’anno al record negativo di appena 85 grammi a testa al giorno per persona.
E pensare che nel 1861 se ne consumava 1 chilo e cento grammi per persona al giorno; che in nome del pane si sono fatte rivoluzioni e sommosse; e che gira ancora (per poco) il detto “buono come il pane”. Fa impressione leggere i dati: dal 1980 si è passati da un consumo di 230 grammi a testa, a 197 grammi nel 1990. Altri dieci anni e il consumo si è abbassato a 180, poi, nel 2010 a 120 per arrivare al 2013 a 100 grammi esatti e quindi, oggi, a 85 grammi.
Oltre ai disturbi sopra accennati, il calo del consumo di pane va addebitato anche al cambiamento delle abitudini alimentari (vedi sempre i muratori); ma va rilevato anche il fatto che il 42% degli italiani mangia il pane del giorno avanti, dato in costante aumento favorito sia dalla crisi, sia da una maggiore sensibilità ambientale (solo il 2% butta il pane superfluo).
Il consistente calo di consumo mette a rischio anche i pani della tradizione popolare italiana (secondo “L’Atlante dei prodotti tipici: il pane” a cura dell’Istituto Nazionale di Sociologia Rurale, se ne contano 200) tra i quali sei sono stati addirittura riconosciuti dall’Unione europea: la Coppia ferrarese, la pagnotta del Dittaino, il casareccio di Genzano, il pane di Altamura, il pane di Matera e il pane Toscano.
In considerazione del fatto che sta aumentando l’uso di fare il pane in casa, che vi è un aumento di consumo di farine speciali e biologiche, abbiamo scelto di citare una ricetta da “brot aus Sudtirol” di Johann Trenker, uno tra i più famosi panettieri dell’Alto Adige, titolare della panetteria omonima che sforna giornalmente sui settanta tipi di pane.
Pandolce all’anice (Anisbrot)
Ingredienti: 1 kg di farina di frumento; 50 gr di lievito; 1 cucchiaio di sale; 60 g di zucchero; 0,1 l d’olio; 2 uova; ½ litro di latte; 2 cucchiai di semi d’anice.
Sciogliete il lievito con un po’ di latte e fate lievitare. Mescolate la farina con le spezie, aggiungetevi le uova già amalgamate all’olio ed il lievito disciolto nel latte; lavorate il tutto aggiungendovi tanto latte fino ad ottenere un impasto morbido ed elastico. Far lievitare finché raddoppi il suo volume. Cuocete in forno per 45-50 minuti a 200°. Spalmate il pandolce ancora caldo con un rosso d’uovo amalgamato con un po’ di panna ed infornate ancora brevemente. Il pandolce all’anice, per il suo delicato aroma è particolarmente gradito a colazione e di pomeriggio accompagnato al tè oppure al caffè.
rubrica a cura di MARCO SANTARELLI